La tua squadra del cuore gioca male? Non è colpa del mister, ma dell’inquinamento

Campionati condizionati dalla qualità dell’aria

Se c’è una cosa che in Italia può smuovere il maggior numero di coscienze verso un obiettivo, quello è il calcio, nel bene e nel male. E se le seguitissime partite della nostra serie A fossero fatalmente condizionate dall’inquinamento dell’aria? Questa ipotesi è stata sondata da uno studio condotto dall’Institute for the Study of Labour di Bonn. I ricercatori tedeschi hanno infatti preso in esame tutte le partite che le squadre della Bundesliga (ovvero la classe regina del calcio in Germania) hanno disputato tra il 1999 e il 2011. Ebbene, i risultati di questa analisi, che ha incrociato i dati tecnici delle sfide calcistiche con quelli della qualità dell’aria, hanno dimostrato che esiste una correlazione tra gioco e inquinamento atmosferico. L’intero studio verrà presentato il 21 marzo a Brighton, durante il meeting annuale della Royal Economic Society.

Tifosi dell’ambiente cercasi

Insomma, davanti a questo studio non sappiamo se sorridere o metterci le mani nei capelli. Se infatti tutti i tifosi italiani che la domenica affollano gli stadi si convincessero che il proprio campione gioca male per colpa dell’inquinamento atmosferico, la tutela dell’ambiente salterebbe d’un colpo al primo posto delle preoccupazioni nazionali. D’altra parte, se la tesi dello studio tedesco fosse veramente corretta ed innegabile, questa non sarebbe che l’ennesima prova dello stato gravissimo in cui si trovano tutte le maggiori città del mondo, le quali soffocano nella loro stessa aria.

Lo studio

In tutto il team tedesco ha analizzato 3mila partite, giocate in 32 stadi diversi da 29 squadre. Nello studio sono quindi finiti 1.771 calciatori, ognuno dei quali, una volta sceso in campo, è stato influenzato dall’inquinamento atmosferico. Gli studiosi hanno infatti concluso che la bassa qualità dell’aria impatta concretamente sulle prestazioni degli atleti: se la concentrazione di PM10 nell’aria si attesta tra i 20 ed i 50 microgrammi per ogni metro cubo, la produttività dei calciatori sarà intaccata moderatamente; se l’inquinamento supera invece i 50 microgrammi per metro cubo, la performance di ogni singolo atleta può diminuire fino al 16%.

Meno passaggi corti

Ma quale dato hanno utilizzato questi ricercatori per valutare la resa delle squadre tedesche? Ebbene, essi hanno contato il numero di passaggi, scoprendo che «un 1% di aumento del livello di polveri sottili riduce il numero di passaggi dello 0,02%». Insomma, aldilà dello schema, della preparazione atletica, del morale, delle scelte tecniche o della sfortuna, il fattore inquinamento non è assolutamente da sottovalutare. Come infatti hanno spiegato gli studiosi, «sebbene il numero di passaggi non sia di per sé una misura della performance fisica, lo abbiamo usato come indicatore di produttività, dal momento che è collegato alla velocità del gioco e soprattutto è molto importante per il successo di una squadra per via del possesso di palla e delle occasioni da gol create». Più l’aria si presenta inquinata, dunque, più si fanno frequenti i passaggi lunghi, a danno di quelli corti e del gioco veloce.

Dopo 50 anni torna la caccia al lupo: secondo Lav, anche ai cani

Caccia al lupo alle porte

Negli ultimi mesi si è parlato sempre di più di un possibile reinserimento del lupo tra le specie che possono essere cacciate e uccise in Italia. A questo proposito, il ministero dell’Ambiente e la Conferenza delle Regioni si stanno preparando per varare un nuovo Piano di conservazione e gestione del lupo, proprio per rispondere alle lamentele di chi nel lupo vede soprattutto una minaccia. Come però ha denunciato ufficialmente la Lega Anti Vivisezione (LAV), il suddetto piano «dopo ben 45 anni, consentirà gli abbattimenti di lupi e ibridi e renderà addirittura possibile dare la caccia e uccidere i cani vaganti, contro il divieto fissato per legge nel 1991». Insomma, secondo l’associazione animalista non solo il ministero starebbe pensando di consentire la caccia al lupo, ma anche di puntare il fucile nella direzione dei cani randagi. Il Piano che si sta elaborando, dunque, viene visto da LAV come una ‘soluzione finale’ non solo per i lupi, ma anche per i cani.

Le domande di LAV e le risposte del ministero

LAV dichiara infatti che il nuovo Piano andrebbe a modificare una precedente norma riguardante il randagismo, la legge 281/91: con questa modifica si vorrebbe andare a parificare gli ibridi cane-lupo alle nutrie, le quali già oggi possono essere sterminate nelle aree rurali ai sensi dell’articolo 19 della legge 157/92. Con queste accuse alla mano, LAV ha voluto domandare al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti e al presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini «se sottoscriveranno l’abbattimento di cani, ibridi e lupi e se intendano procedere alla convocazione delle associazioni interessate, come previsto dal Decreto ministeriale». LAV ha inoltre esteso la domanda anche al ministro della Salute Beatrice Lorenzin, il cui ministero sarebbe stato convocato per dare un proprio parere riguardo al piano contro i randagi. La risposta del ministero dell’Ambiente non si è fatta attendere: stando alla comunicazione ufficiale, «in Italia non è prevista alcuna quota di abbattimenti autorizzati a priori» e «in nessun punto nel Piano d’azione si fa riferimento all’abbattimento di cani-lupo e cani randagi, né all’interno delle aree protette né al di fuori».

Lupo, specie prioritaria

Ma torniamo alla faccenda dei lupi: di fatto, dopo tanti milioni spesi per far ritornare i lupi sulle nostre montagne, quasi del tutto estinti nel 1971, adesso il ministero dell’Ambiente sembra aver deciso di spendere qualche altro soldo per frenarne la crescita. In tutto si stima che sugli Appennini ci siano tra i 1.070 ed i 2.452 lupi, più un centinaio sulle Alpi. A mettere il bastone tra le ruote alla volontà del ministero e di tanti cacciatori c’è però la direttiva Cee Habitat 92/43, la quale proibisce l’uccisione, la cattura, il trasporto e la commercializzazione del lupo, il quale viene definito come specie prioritaria. Il ministero è però già pronto a chiedere una deroga, che del resto è già stata presentata e accettata per stati come Svezia, Francia e Spagna. Tutto questo, almeno in superficie, sarebbe motivato dalle minacce dei lupi agli animali da allevamento, denunce presentate a più riprese anche dalla Coldiretti. Ma gli animalisti non ci stanno: come infatti ricorda Massimo Vitturi della LAV, «ci sono studi in tutta Europa che dimostrano come gli abbattimenti non fanno diminuire le predazioni. E l’apertura della caccia non arresta il bracconaggio, anzi. Se il sistema avvalla l’uccisione del lupo, il bracconiere si sentirà un benefattore».